Viaggio in Marocco: alla scoperta del deserto

Viaggio in Marocco

Viaggio in Marocco: alla scoperta del deserto

2260 metri di altezza e 10 gradi di temperatura: stiamo oltrepassando l’alto atlante e Hassad, la nostra guida Berbera (come il 50% dei cittadini marocchini) ci comunica che questa temperatura è anomala e che avremmo dovuto affrontare numerose difficoltà ad oltrepassare il passo Tizi N’Tichka a causa della neve, quest’anno assente (come in quasi tutto il sud Europa). Abbiamo lasciato Marrakech da circa 100 km e il paesaggio è mutato decine di volte: nei colori, nella conformazione delle rocce, nella vegetazione e nel design dei vari villaggi. Ci aspettano circa 500 km per raggiungere il deserto ma non è la metà che conta ma il viaggio.

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Hassad è abituato a lavorare con gli Italiani e conosce perfettamente la nostra lingua (anche i nostri ritmi frenetici!), così da subito ci aiuta a rilassarci, perché siamo in Marocco e qui tutto si fa con calma.

L’auto è comodissima ed è tutta a disposizione per me ed Alessio: 4 giorni di Tour per 337 € a testa, tutto compreso a parte i pranzi.

Zagora experience è il nostro tour operator Marocchino e ci farà vivere giorni immersi nella loro cultura.

Banchetti di artigianato Berbero sono dislocati per tutto il percorso e dopo un po’ ti rendi conto che decorano il paesaggio.

Dopo una sosta a Ait Benhaddou, set di numerosi colossale cinematografici come il gladiatore e Lorens di Arabia, viaggiamo alla volta di El kelaa M’Gouna e la Valle del Dadès dove pernotteremo in un luogo magico, una Kasba tutta arredata in stile Berbero dove ogni dettaglio ti rapisce e ti sorprende.

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Il deserto di Merzouga é ancora lontano (circa 400 km) ma le immense vallate e i paesaggi sconfinati rendono il viaggio un momento indimenticabile.

É impossibile non rimanere ammaliati dalla cultura di questo popolo: ad ogni villaggio si riscoprono abitudini rurali a noi sconosciute dal dopo guerra.

Gli asini sono ancora mezzi di trasporto indispensabili (molti villaggi sono raggiungibili solo a piedi), le donne camminano chinate per la strada sotto il peso delle erbe officinali raccolte nei vari campi, gli uomini fanno i lavori pesanti e i bambini escono da scuola a tutte le ore, visto che in Marocco i turni per l’ educazione, sono scaglionati: il primo turno va dalle 8 alle 10 per poi rientrare dalle 12 alle 14, il secondo dalle 10 alle 12 e poi dalle 14 alle 16.

Ogni villaggio ha una parte vecchia ed una nuova. La parte vecchia è per la maggior parte delle volte decadente perché le case erano costruite con  un misto di sabbia, sassi e paglia e se non vengono ristrutturate si sciolgono sotto alla pioggia, che seppur scarsa cade anche qua! Ancora oggi si utilizza tale tecnica anche se spesso le case sono solo intonacate con tale materiale.

Il primo impatto con tutta questa ruralità, è sconvolgente. É impossibile non domandarsi come possono essere ancora cosí tanto indietro….poi, passano i giorni e riscopri il “suono” del silenzio. Ad ogni spicchio d’arancio è come fare un tuffo nell’infanzia: d’improvviso la mente vola a quando avevi 10 anni, in cucina con una fetta di ciambellone fatto in casa e la spremuta appena pronta, non passata, grezza.

I marocchini sono un popolo curioso, hanno ancora voglia di parlare e di guardarti negli occhi. Ti vogliono conoscere attraverso la tua voce e non gliene frega niente qual’é il tuo profilo Facebook o l’account di Instagram.

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E così continuiamo alla volta del deserto e piano piano capisco cos’è il “mal D’Africa”: finalmente mi sento libera ma allo stesso tempo schiava.

Sono solo un puntino nelle sconfinate vallate dove la terra torna ad essere la protagonista e non più la sua civiltà.

Le appartengo e la distruggo, lei mi appartiene e lei mi distrugge: ma é comunque un rapporto impari. Lei può vivere senza di me, io no.

Ed io continuo a distruggerla, perché lei è la “madre” terra e continuerà ad appartenermi.

Ore ed ore senza parlare, un viaggio lungo la mia personalità per scoprire che ci sono tante cose che voglio ancora fare, compreso parlare di lei, di noi, di tutto.

E poi arriviamo nel deserto e scende la notte.

Il cielo è talmente nitido da far paura: ho paura che le stelle prima o poi mi cadano in testa, ho paura che il blu non riesca a sorreggerle tutte.

Hamed è la nostra guida e la sua storia è stata per me uno dei più grandi insegnamenti che abbia mai avuto.

Hamed è primogenito di 9 fratelli e “Fortuna” è il suo dromedario, fedele compagno di dune.

 Hamed é nato nel deserto 30 anni fa e da allora ci vive e lo fa conoscere a chi come noi ha voglia di scoprirlo. Quando gli ho domandato se ha mai dormito in una stanza normale e non in una tenda, mi ha risposto: certo! Ma non mi piace, non riesco a dormire. Alí non é mai uscito dal Marocco ma conosce bene l’inglese, il francese, lo spagnolo, il berbero e l’arabo. Lui ha viaggiato grazie a tutte le persone che dal mondo raggiungono il deserto e si affidano a lui. Quando gli ho chiesto se é fidanzato mi ha risposto: “le ragazze di qua non fanno per me, hanno una mentalità che non condivido. Io vorrei sposare una ragazza europea, ma non potrei mai lasciare il deserto” La sua storia mi ha fatto riflettere, a volte il vero viaggio sta nel parlare con la gente e non nel visitare nuovi paesi.

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Questo è il mio Marocco, un paese magico capace di riempirti di emozioni che non sapevi di poter provare. 

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